Roberto Fabris

Poesie

Da Grigio dell'aria  (Ibiskos Editrice, Empoli 2003)  




VIALE TERZA ARMATA

  

I rami erano puliti e onnipotenti,

così il viale in salita, in silenzio,

come l'aria immobile che

circondava ogni domanda, per

quanti passi io compissi stretto

tra le case e le stanze, e i volti

di chi allora sorrideva e parlava

come se l'estate fosse ogni cosa.




EPITAFFIO PER VINICIO

 

Vinicio, caro amico d'infanzia,

le onde giungono a riva e altre

rimangono al largo, come

su tutte lo stesso freddo,

la stessa oscurità di Piazzale Rosmini,

nella tua inconsolata desolazione

di freccia

avvelenata

suo malgrado.

Anche le onde più lontane, dei più

lontani oceani,

hanno una voce, un nome, un volto,

e forse anche le nostre parole lunghe

lunghe, le nostre allegrie di ragazzi,

e i nostri dolori,

forse qualcuno ancora ascolta.

 

 


RIONE

 

Lenti e nascosti come il muschio,

in errore da un lato

all'altro del cielo,

né acqua né terra,

             le vie del rione si allineano senza fine,

             come se una cicala fosse sempre sola

             accanto a un campo.

 

 

 

PER UNA PORTA CHE SI STA CHIUDENDO

 

Non contare le pietre,

né i rami degli alberi:

ogni nave porta una rosa insonne

e le tue mani non sono

più lontane del vento.


I rami ora sono immobili

per una porta che si sta chiudendo.




STRADA

 

L'autunno è sceso su questa strada inebetita.

Dai portoni i vecchi si guardano

come lucertole fredde.

Nel peso del vento indugiano

le incomprensibili sillabe del cielo.




ESILIO

 

Innocente è la notte,

e innocente è il mare

incrociato di venti

e di gabbiani:

 

alti, muti voli

- di esilio e di condanna,

  rimpianto proteso...



BIANCHI CAVALLI

 

Tace il fiume nella mano della notte.

Tacciono i bianchi cavalli affacciati

sulle onde colme di stelle.

Tace il vento.

Una fredda tristezza sconsola

gli occhi dei bianchi cavalli:

l'inesorabile presagio delle nebbie

è apparso nei loro pascoli.




SE PIOVEVA

 

Se pioveva, pioveva su tutto,

ogni punto della strada era bagnato,

ogni foglia, ogni ramo,

e certamente l'inquietudine

non ci chiedeva nulla, se non

il vento e le nubi basse,

o il vento immobile di colpo,

così il vento, la pioggia, il mare non

lo vedevamo,

e molte cose non vedevamo,

moltissime,

così eravamo folli e ciechi,

e inquieti.




OCEANO

 

Innumerevoli volte la fortuna

ha deposto preziose

conchiglie su questa

spiaggia; ma l'oceano

estende la sua tenebra

senza confini, e brulica

di spiagge senza speranza.


 


I PLATANI

 

Non dimenticherò i platani,

né l'ombra del fiume,

e il silenzio dei campi

e di queste strade deserte;

un mondo disegnato ed esule

come un sillabario di assenza,

un limite

così impreciso

da lasciarci privi di vita.




LAMPARE

 

La notte ha spento l'orizzonte,

e sui moli

aspre voci s'incrociano

alla luce dondolante dei fanali

e i motori ad uno ad uno

si affollano nel vento.


Splende ora di lontane lampare l'orizzonte,

e l'onda è deserta ai moli.




LASCIA CORRERE QUEL FIUME LAGGIÙ

 

Lascia correre quel fiume laggiù,

lascialo correre tra queste valli,

lascialo andare lontano,

che sia un respiro delle nostre anime.




COME UN FIATO ROVENTE


Le colline e il mare

scendono verso destra

come un volto che si gira,

o una palpebra che si

socchiude al profumo

dell'aria presente

come tutto è intatto tra gli alberi

e gli edifici di questa piazza,

o le nostre sillabe che non

lasciavano spazi liberi, e l'orizzonte

aderiva ai nostri visi come un fiato rovente,

una carezza d'immortalità.




CONTINENTE

 

Ogni spiaggia ha alle spalle un

continente che il mare abbandona,

come di onda in onda il profumo dei pini

si estingue nella scia a poppa delle navi.

Gli ufficiali accendono le

sigarette sul ponte di comando; parlano

fra loro come se non stesse

accadendo nulla, ma sanno che

il mare scorre sui fianchi della

nave e la prora avanza su acque sempre più profonde.




LA NOSTRA CACCIA

 

Il gabbiano in volo

non chiede che luce

e piccoli pesci nelle onde limpide;

la nostra caccia

è molto più lunga.

                                     
                                              

 

 

 

 

 

Da Animate e inanimate cose (Edizioni Helicon, Arezzo 2005)





STELLE DI ORIONE

 

Stelle di Orione che mio padre

m'insegnò in cieli tersi di gelo

apparite tuttora nella vostra vasta posizione

immediata presenza di possenti astri,

mio padre parlava del cacciatore

e del suo cane, ma la notte intatta

teneva immobile ogni cosa

di quante altre notti innumerevoli notti

le stelle di Orione immortali sulla

periferia deserta dove la fortuna

è variamente distribuita, su città,

terre, fiumi che guardano Orione,

e nei passi più solitari dei più diversi anni,

sulle vicende dei visi, sulle parole taciute,

urlate, le bestemmie, le condanne,

su quanto ancora qui vive

le stelle di Orione.




TRA I DUE PONTI

 

Non servono le piogge,

quei ponti sono lontani,

potrei parlare per ore, per giorni,

esistono cose più lontane di quei ponti?

ci sorprendono come vogliono,

non chiedono fiumi, o profonde valli,

o grandi spazi, i giorni si addossano vicini,

le parole ci vengono dette in faccia,

noi guardiamo in faccia,

quei ponti salutano tutti i venti.

               Limiti immersi, per reliquie patite,

               vincitori e vinti, qui o altrove.




LE UMANE SORTI

 

Le umane sorti dischiuse

una risposta

a quanti da millenni s'interrogano

(o a quanti soffrono?).

Enigma la verità o il dolore?

Il paradiso perduto vedeva

leoni mansueti e immortali,

e immortali e felici l'uomo

e la donna, cari a Dio,

il castigo fu il dolore non l'ignoranza.

Avessi qui davanti

il più illustre dei nostri filosofi

sceglierebbe di morire tra tormenti atroci

in possesso della verità a lui finalmente svelata

o preferirebbe venire a cena con me ignoranti

tutti e due?

Sceglierebbe la verità

o dissetare sua figlia morente?

 

 


IL PROGETTO

 

Il viaggio, questo viaggio,

ci è stato imposto? E’ bello, inutile?

Di inutile nulla, atrocità sì.

Bisogna attendere?

Ottenere poteri assoluti, riportare le belve a

nutrirsi di erba e di gioia, abolire dolore

malattie e morte.

E le nascite?

Afrodite, bellissima sempre, sempre gioca con

Marte, ingelosisce Giunone, incontra Dioniso,

così tu con Piera in eterno bella e giovane,

tra cinque miliardi di anni il sole non terminerà la sua

vita, rimarrà anche lui giovane e bello in eterno,

i fiumi non tracimeranno mai,

né più terremoti, e non più nuovi monti,

tutto così com’è ora, in eterno, anche gli attori in TV,

i politici, i calciatori, sempre gli stessi,

eterni e coetanei, e felici di vivere,

felici i poeti di poetare in eterno, felici

i cavalli di galoppare in eterno, i delfini

felici di nuotare in eterno,

nessuno ha bisogno mai del nostro aiuto,

nessuno ha più paura,

nessuno ha coraggio,

ogni desiderio è appagato,

i bambini giocano in eterno nell’amore di mamma e papà,

Sofocle sta scrivendo la sua quattromiladuecentoventiseiesima tragedia,

non moriremo più,

non soffriremo più.




SOLTANTO

 

L’alfiere vigila le diagonali l’insonne alfiere,

le diagonali dell’alfiere,

che nulla sa di re, regine, torri,

la casa accanto, la ferrovia, la casa di fronte,

non è altrove l’eternità,

non ha segreti, né tappeti migliori dei nostri,

né soffre meno.

Abbiamo deriso Dio, sputato su di Lui, flagellato, denudato, crocifisso.

Non è poco.

E fosse stato

 



                                                 soltanto

 

 



un uomo, un cane, un verme


 

 

 


IRRICONOSCIBILE

 

Le campane non hanno più ritorno

il mare parla come un'anima uccisa

nulla è più riconoscibile

             - ogni pietra di ogni muro

               al cuore ...


 

 

 

LA TORRE

 

Dalla torre scende una lunga assenza

indimenticata

e le luci del portico

si allentano di stagione conclusa.

Davanti a noi i moli

che esiliano le navi e gli

equipaggi sul mare popolato fin

negli abissi.



 

RAMI

 

Un richiamo come

ogni istante appariva al

limitare dei viali e

dei ricordi,

poi immobile sul marmo

del piazzale a mezza costa

del colle, dove le finestre illuminate

ospitavano quiete e gioia

che si fermava senza quiete

tra rami e verità.





VISTI TROPPI

 

I moribondi implorerebbero ogni

cosa per vedere ancora un tramonto,

i reclusi sarebbero sopraffatti,

noi nemmeno guardiamo, eppure

al tramonto i remi sono d'oro,

d'oro sono le nostre pupille,

d'oro i nostri pensieri,

ogni rumore, ogni parola si disperde

nel silenzio di quella luce senza regole,

da ogni lato, sopra ogni visibile oggetto.

Ne abbiamo certamente visti troppi,

i giorni per noi sono nulla,

bolle d'aria nel paese dei venti,

il lido affiora che separa

le inerti acque delle paludi

dal frangente mare.

 



LE TUE SPALLE

 

Le spiagge raccolgono tutto,

alghe, conchiglie, cadaveri,

non sanno scegliere, non distinguono un

anno dall'altro,

né il secolo, o il millennio,

cosa cerchiamo sulle spiagge?

il canto/rumore del mare

non ha nessuna autonomia,

né la pioggia, né il sole,

né i granelli infiniti che le onde o il

vento mutano di luogo o portano lontano,

le tue spalle hanno memoria,

e io ho memoria di loro,

quante spiagge avrei cancellato dal mondo

per una carezza sulle tue spalle?

e appoggiare il viso sulle tue spalle,

che le nostre cieche spiagge dimenticheranno.

 

 


LAOCOONTE NEL SOLE

  

Sarà sempre come Laocoonte nel sole

ogni ronzio d'api, ogni

afa di piazza, ogni albero

immobile nell'estate, di

quante estati invincibilmente protese

da questi colli al mare,

da queste ripide vie al mare,

da queste case di ombre geometriche,

di questa aria densa e inquieta,

perché lì in fondo si allontana

il mare, il cui canto ci raggiunge,

e raggiungerà sempre questi colli

dove la vita è ferma per

sempre, come una preda esuberante,

indomabile.

 

 

 

 


UN TULIPANO NERO PER AIACE

 

Una rosa rossa per i Lancaster

una rosa bianca per gli York

un garofano per Craxi

una margherita per Rutelli

camelie per la signora

girasoli per van Gogh

un tulipano nero per Aiace

ghirlande di salice per Ofelia

ninfee per Monet

un basso ramo di pino per Saba

una ginestra per Leopardi

un tulipano nero per Aiace

tutti i fiori di Mosca per Stalin

nessun fiore rimase per Prokofiev

un bouquet per Olympia

un fiore in bocca

per un caffè notturno.





EN PASSANT

 

Come giocattoli allineati,

ma i giocattoli hanno consuetudini proprie,

qualcuno li dipinge, e rimangono dipinti,

qualcuno li carica, e si muovono,

qualcuno li rompe, e rimangono in pezzi,

qualcuno li ricorda, ma i giocattoli non lo sanno,

l'apparente allegria e la vera,

l'apparente gioia e la vera,

e gioie che non appaiono,

dolori che non appaiono,

poi va meglio, e poi?

quel disoccupato intervistato in TV

si è dato fuoco, quella malata terminale

aveva chiesto ai giudici di poter morire,

guarda il cigno fin che nuota,

la volpe fin che scappa,

e, en passant, guardati allo specchio,

ma non con occhi di cigno,

l'innocenza lasciala fuori.





PERBENE

 

Da quale orizzonte o pertugio

come cani e iene e sciacalli e vermi

senza pietà e ritegno scogli e pietre

né spazio né misura così questo è perbene e anche

questo è perbene e anche questo

è perbene e anche questo e anche questo

sì siamo perbene chiudiamo le finestre

perbene chiudiamo le porte perbene

come le cravatte e i passaporti perbene

e il cancro la pistola il ristorante la pelliccia

perbene

oggi abbiamo intervistato il serial killer

sconti del 30 percento 40 60 percento

regaliamo a tutti i bambini muniti di genitori

il semaforo è rosso il cane è rosso

il cazzo è rosso il sangue è rosso

la strada è rossa la fabbrica è rossa

il libro è rosso la vipera è rossa

le tette sono rosse la morte è rossa

ma tu sei un uomo! perbene

concludiamo il trattato come sordomuti

talpe nella terra.





COME DENTRO LE NUBI

 

Non su questo cielo

che si allontana di ogni nube richiusa

perché lontano si confondono

le piogge e la luce come i tuoi passi

qui al mio fianco o davanti ai miei occhi

che non saranno mai capaci di credere

perché accade

come dentro le nubi dove non ho potere

accade

come tirare un remo una maniglia

come le nubi e la pioggia, e la luce

nelle nubi.





L'ATTESA

 

Era immobile ogni cosa,

ogni cosa per se stessa,

immobile la certezza,

né l'attesa era diversa,

nulla poteva aver fine,

non la luce che illumina l'aria,

non le parole, non i giorni,

non le immortali vie di questo colle.





ANIMATE E INANIMATE COSE

 

So che dovrò abbandonare tutto ciò,

animate e inanimate cose,

né uno ha sorte diversa

e non contraria,

                              né limite,

                              né alcun limite,

                              né mai né per un istante

                              mai limite

                              ha alcuna animata

                              o inanimata cosa.

 

 

 

ABITUDINE  (da SEDICI POESIE DI GUERRA)

Non sapevo che tutti dovevamo morire
e chiesi a mia madre, forse a
seguito di una inavvertita folgorazione, se
da grandi morivamo tutti.
Mia madre non mentì, ma io
rimbalzai sulla sua risposta e vivevo
senza distinguere i raggi del sole
dalle ore del giorno, distinguevo
i vecchi, i vecchi toglievano luce al giorno,
parlavano senza amore, non sapevo
che erano vicini alla morte, che erano
stati anche loro bambini con le corse
nel corpo e sul viso, non sapevo di essere
bambino, ero senza pensieri e nel sole,
con le parole piatte e inesauste, per questo dicevo
sempre la verità, tutti dicevano la verità,
che volava come una colomba nel cielo, sul davanzale,
nella stanza, nella cucina, anche di notte
quando scendevamo di corsa le scale
mentre suonavano le sirene dell'allarme,
e io non capivo la guerra, né la vita dei vecchi
o dei giovani, né il futuro o il passato, ero soltanto
abituato alle privazioni, alle bombe, al sole, ai vecchi.





 

                             

                                                                   

                                                          
Pubblicata sul N. 208, settembre 2006, del Mensile Poesia (Crocetti Editore, Milano)





LAMPI DI PORCO

 

La luce del mattino era sempre diversa

così capire era come scendere in una botola

"Non dimenticare il telefonino"

i pochi passi che separano dal garage

la riunione la segretaria il programma dei

corsi di riqualificazione a decidere assieme

sembra sempre che abbiano deciso gli altri

firmate le lettere - rientrare nel budget

"Quello farebbe meglio a prendersi una settimana di ferie"

ma di che ci lamentiamo?

ci sentiamo massificati?

troppa TV?

tutti in coda con le auto?

tutti le stesse canzoni?

tutti a fare shopping?

sarebbe meglio pascolare pecore? costruirci gli

utensili con le mani? essere tutti pensatori?

e chi ci vieta di pensare? chi ci vieta di consumare meno?

disprezzare la lavastoviglie

per nostalgia

di lavare i piatti con le mani

"Ieri ho comperato l'automobile per mia

figlia, una ce l'ha mio figlio, una mia moglie,

una io, ho proibito a tutti di

parlare di inquinamento"

lampi di porco balenavano nei suoi occhi.


 




Da Questi rami questi silenzi (Hammerle Editori, Trieste 2010).




 
NON È QUESTO IL PUNTO

Non è questo il punto
non sono queste le regole
molto antico è il rispetto
l'ansia che si svolge
forse vibrano queste argille
forse esitano
quella laggiù è la luce del giorno?



QUESTI RAMI QUESTI SILENZI

Questi rami questi silenzi
questo cielo impettito
che non trova a noi che
lo sguardo come se
dietro ogni angolo
familiare dei nostri incessanti
atti eppure ciò che è pace
non evita alcuna voce alcuna
certezza perché da questo piazzale
diversamente e in non prevedibile
traiettoria per segni [e scelte]
ed errori come (gli astri?) cosa
decide e accade ci accade
a quali fini se quanto decidiamo
accade per opera impervia
nostra affidata a una
scansione che rimbalza e ci compie
come è come sia e sia quanto
è impervio svoltare l'angolo
di questa casa e accettare il piazzale
le altre case.



LA SOGLIA

La soglia muta lo spazio
la luce il sonno
quanto dalle stagioni a noi perviene
la soglia muta, la soglia che
la freccia guarda dove colpisce
l'inaudita freccia guarda che giunge
per quanto il passo attonito
tra le case e le vie che di soglia
in soglia non negano alcun passo
se la notte o il giorno
o le vie.



IMMEMORI DEL GUADO

Immemori del guado
nelle stille di pietra
congiungere quattro assi
lontano dai cani ad altri fedeli
della radura immemori
chiedere al primo che passa
"come  va con lei?"
saggezza
salvare la moglie di Lot per trasformarla
in sale
saggezza
immemori del guado



ACCATTONAGGIO

A chi chiedere? Non basta che il
messaggio sia chiaro, o credibile,
se non è creduto. E chi non
crede riferisce agli dèi, che
rimangono muti. Le volontà degli dèi
somigliano le immagini delle rocce,
cui nessuno crede. Ecco dunque
vano gettare ancora i dadi, o cercare
dadi diversi, o stendere la mano.



QUI INSISTONO

Continueremmo a ricevere le stesse risposte,
per sortilegio certamente,
ma i malintesi, come le ore, i luoghi, le parole nostre,
le ore che chiudono il giorno,
il giorno ai giorni,
non confermano che la verità,
per questa ragione,
soltanto per questa e per nessun'altra ragione,
qui insistono.



CONDURRE DEVE

Il ponte aveva gradini
da una parte e dall'altra,
una parte verso il mare
l'altra verso il colle,
e da lì una salita portava
tra case luoghi vicini ad altri luoghi.
Questo era il colle e tale è ancora
con i suoi improvvisi mutamenti
creati per stupire tra cose diverse
vie diversamente conducenti dalle quali
salire ancora o scendere o errare
nei mutevoli aspetti che ancora dicono
e sempre diranno ogni cosa vera e presente,
poiché a nessuno è qui dato passare
senza guardare vedere come ogni gradino
delle sue ripide vie conduce dove
ogni passo condurre deve.



LA COCCINELLA

La gentile coccinella dalla scintillante
livrea rossa è da tutti amata, indugia fiduciosa
sulle nostre dita, porta - si dice - il bel tempo,
gioielli a sua immagine adornano le nostre
signore, essa libera i rosai, i giardini,
gli orti, salva i nostri alberi, i nostri raccolti,
perché uccide divora divora uccide uccide divora
divora uccide.



I MOLI

Dove finiscono i moli
è di tutta evidenza che
ha inizio un altro mondo.
Un molo non è una spiaggia, è massiccio,
immobile nel mare, anche
se da noi il vento colpisce
le dighe alle spalle.



ALLE SPONDE DI OGNI SELVA

Gli agrumeti l'aria il silenzio incauto
la fatica di un fiume di una
stagione che non si converte accanto
né gli agrumeti sanno e nulla
l'aria il silenzio
se un fiume con fatica e i nostri
esiti e pollini di quel punto
perché mai persuaso del silenzio incauto
delle piogge e dominio se scelta
ha ogni selva nella stagione
che non si converte né sanno e nulla
l'aria a un cardine disabitato
gli agrumeti l'aria il silenzio
incauto alle sponde di ogni selva.



NELL'INNATA INTESA

I rami in discesa verso il mare
nell'innata intesa di queste case
di questi luoghi non sono voci
né quesiti perché nulla si nega
assenza presenza assenza
e che altro le case? questo rumore tra le
fronde mille e infinite volte
l'imbrunire di queste salite
qui dove questo accade e mai avrà quiete
mai quiete chiederà.



I PATTINATORI

Il tramonto era al di là del ponte
dove i pattinatori invertivano il moto
per ritornare al nostro piazzale
e tra i tetti e dovunque nell'aria immobile
dove vivevamo nel rione popolato
di finestre nostre portoni muri e luoghi
le strade trattenute dal tramonto
non fermavano né l'innocenza né la colpa
né la vita né la morte
né i passi di chi si avvicinava
per vedere i pattinatori
allontanarsi ancora verso il tramonto.